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Protetti dalla corte di Elisabetta I d'Inghilterra, tra il 1583 e il 1585 si incontrano a Londra, stringendo amicizia, due esuli italiani per motivi di religione: Giordano Bruno e Alberico Gentili. Il primo è l'inquieto filosofo che abbracciò il mondo copernicano trasformandolo in universo infinito e che la critica radicale del cristianesimo condusse sul rogo di Campo de' fiori in Roma. Il secondo, uomo di autentica fede cristiana temperata da una forte razionalità, fu professore regio di diritto civile a Oxford e gettò le basi, insieme a Grozio, del diritto internazionale. Il testo teatrale qui presentato ricostruisce, attraverso una libera utilizzazione delle opere dei due autori, l'intensa discussione che intercorse tra loro sui temi della filosofia e della religione, del diritto e della politica, centrati sul problema della violenza nel mondo, delle cause di essa e dei possibili rimedi. Il primo atto ricostruisce l'intimo rispettoso dialogo, pur nella diversità delle tesi e delle ispirazioni, che si stabilì tra i due grandi esuli italiani, grazie anche alla protezione del poeta e diplomatico Philip Sidney. Nel secondo atto, mentre il destino di Bruno si va consumando tra Venezia e Roma, Gentili osserva, in dialogo con l'amico Tobias Matthew e in drammatico confronto con il Conte di Essex, il tracollo del mondo elisabettiano e la minaccia incombente delle guerre civili.